Il Fischio
(parla il guardacaccia)
Non credo che questo sia il fischio del bracconiere.
C’è troppa nebbia.
Comunque (qui son le carte)
Finite voi la partita.
Io (potete continuare a bere anche per me)
conosco, né posso esimermi,
quello ch’è il mio preciso dovere.
Qualsiasi richiamo nel bosco oda insolito,
uccello o altro agente che sia,
devo andare a vedere.
Porgetemi per cortesia,
è lì a quel chiodo,
il fucile ed il mio cartucciere.
Intanto (scusate: ci vuole, col freddo che m’aspetta)
Lasciate ch’io mi versi ancora
–ultimo- quest’altro bicchiere.
Nel vino, a saper ben vedere, c’è scienza – c’è illuminazione.
Ma voi, senza una ragione al mondo,
voi perché ora ch’io sono pronto,
e il cuore già ho fatto allegro,
ancora voi mi state a guardare a quel modo,
quasi con l’aria di chi sospetta qualcosa,
né si vuol pronunciare?
Vi vedo, o m’inganno, tremare,
agli angoli, la bocca?
Amici, posso anche sbagliare;
ma questo, comunque, vi dico,
e una volta per tutte:
Temere fuori il nemico
È cosa, prima ancora che vile,
a parer mio troppo sciocca.
Porgetemi anche le cartucce e rimettetevi a bere.
Dovreste almeno sapere
che quando s’è avuto una piuma sul cappello,
e in sorte stivali e gabbana verde,
per non dir altro si perde
il tempo, pensando alla morte.
Piuttosto ( ne parleremo insieme, qui, al mio rientro)
ficcatevi bene in testa quanto ancora vi dico;
che vale temere il nemico fuori,
quand’è già dentro?
Al diavolo perciò la paura,
giacché non serve, Tanto,
in tutti noi non resta –sola-
che la certezza già da tempo in me sorta:
chi fabbrica una fortezza intorno a sé,
s’illude quanto ogni notte chiude,
a doppia mandata la porta.
Lasciatemi perciò uscire.
Questo Io vi volevo dire.
Per quanto siano bui gli alberi,
non corre un rischio più grande di chi resta,
colui che va a rispondere
al fischio della foresta.
Giorgio Caproni