Archivi del mese: Settembre 2013

Non mi sono mai sentito così profondamente distaccato da me e così presente nel mondo nello stesso momento

«Non mi sono mai sentito così profondamente distaccato da me e così presente nel mondo nello stesso momento». Inizia con questa frase di Albert Camus Detachment – Il distacco, il nuovo film del regista di American History X, Tony Kaye, che per contenuti e messaggio ricorda L’attimo fuggente, ma è sperimentale a livello di regia. Il film si serve di soluzioni visive non convenzionali e della superba prova di Adrien Brody per riflettere sul ruolo degli insegnanti – e più in generale della scuola – e sulle diverse forme di disagio sociale di cui sono vittime (ma anche artefici) le nuove generazioni. Con la consapevolezza di appartenere a un momento storico minato dalla crisi delle principali agenzie educative in cui diventa fondamentale per i giovani «avere una guida, una persona che ti aiuti a capire, ad accettare la complessità del mondo in cui viviamo».

Locandina Detachment

Locandina Detachment

Leggi la trama e guarda il trailer del film

La prospettiva è quella di uomo che una guida non l’ha mai avuta. Henry Barthes, il miglior supplente di letteratura tra gli insegnanti disoccupati, e per questo in costante pellegrinaggio da una scuola superiore all’altra, è un uomo solitario, barricato in se stesso. Un presente profondamente segnato da un trauma infantile – rivissuto attraverso una serie di flashback – che lo ha trasformato in «un guscio vuoto», come lui stesso si definisce, e lo porta a mantenere una distanza di sicurezza da chiunque. Anche dai suoi studenti, con i quali non c’è mai nemmeno il tempo di instaurare dei legami. Questo fino a quando non viene mandato in una scuola di periferia frequentata da ragazzi «praticamente irrecuperabili». È durante la permanenza in quell’istituto che Henry incontra Erica, giovane prostituta a cui offre aiuto e protezione e l’unica capace di penetrare la barriera difensiva dietro cui lui si nasconde.

Ne esce un quadro piuttosto desolante e a tratti un po’ forzato, ma nel complesso sincero. La fotografia di una realtà dove mancano i punti di riferimento. Dove i giovani, avendo perso il senso del limite e del rispetto per se stessi e per gli altri, si permettono di minacciare gli insegnanti, insultare i compagni e vendere il proprio corpo: «Noi ci siamo nati nella feccia e non abbiamo niente a parte la consapevolezza di quanto tutto sia incasinato». Dove «bisognerebbe avere dei requisiti e seguire un manuale per fare i genitori», perché questi o si ergono a difensori dei propri figli o, al contrario, infieriscono sulle loro debolezze; mai cercano di comprendere. Dove «l’unico modo per sopravvivere all’olocausto del marketing è poter preservare la nostra mente». Dove alcuni insegnanti credono di poter fare la differenza, salvo poi accorgersi di aver fallito. E dove l’unica certezza rimane la grande e fondamentale responsabilità degli educatori di guidare i giovani e fare in modo che non crollino.
È la macchina da presa a estorcere questi pensieri, piazzandosi davanti a Henry e ad altri insegnanti e catturando ogni loro confessione. Ma anche zoomando velocemente sui volti e i corpi dei protagonisti, a volte fin troppo, tanto da non riuscire a metterli a fuoco. E laddove l’obiettivo non arriva sono animazioni grafiche bidimensionali – disegni tracciati con il gesso sulla lavagna – a dare forma ai sentimenti e tradurre le parole in immagini.
Sebbene i toni tendano ad alzarsi, lo sguardo a generalizzare e farsi troppo pessimista e la tensione ad aumentare in modo funzionale all’evoluzione del film, quel che conta è che non siamo davanti a un guscio vuoto. Tutt’altro, un guscio pieno di verità che scuotono.

Lo straniero - A. Camus

Lo straniero – A. Camus

Lo straniero (L’Étranger) è un romanzo dello scrittore e filosofo francese Albert Camus, pubblicato nel 1942 per Gallimard.

Questo libro è conosciuto per le sue tematiche che molti critici considerano esistenzialiste, come l’assurdità della vita e l’indifferenza del mondo. Camus però non si considerò mai un esistenzialista.

Dal romanzo hanno preso spunto i Cure per la canzone Killing an Arab ed i Tuxedomoon per il brano The Stranger.

L’opera, divisa in due parti, racconta della vita di un uomo di origine francese, che vive ad Algeri, conosciuto come Meursault. La vicenda inizia con la morte della madre del protagonista, ospite di un ospizio fuori città. Il carattere di Meursault viene subito messo in evidenza: sembra non provare alcun tipo di emozione per la madre, rifiuta di vederne le spoglie, beve caffè e fuma vicino alla bara. Il punto di vista è in prima persona, direttamente nella mente di Meursault. Nei giorni dopo il funerale, Meursault inizierà una relazione con una donna, sua ex collega di ufficio, conosciuta in spiaggia, di nome Maria. Per quanto Maria sia veramente innamorata di lui e desideri sposarlo, il protagonista prova per lei solo desiderio fisico privo di sentimenti.

Meursault si ritroverà, per una serie di circostanze e senza una volontà precisa, a commettere un omicidio su una spiaggia, sparando ad un arabo uccidendolo, e poi sparando altre tre volte sul suo corpo inerte. La pistola gli era stata data da un suo amico, Raymond Synthès, un magazziniere forse sfruttatore di donne che aveva schiaffeggiato e picchiato la sorella dell’arabo, provocando in questi un desiderio di vendetta.

Meursault verrà messo in prigione per il suo crimine. Durante il lungo processo verrà discusso, più che l’assassinio, il fatto che Meursault sembri non provare alcun tipo di rimorso per quello che ha fatto. Malgrado i tentativi dell’avvocato difensore, e vista anche la poca collaborazione di Meursault che non difende nemmeno sé stesso, alla fine Meursault verrà condannato a morte. Meursault non tenta nemmeno di trovare il perdono attraverso Dio, rifiutando il conforto del prete. La storia finirà con Meursault che realizza quanto l’universo stesso sembri indifferente rispetto all’umanità.

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Mazurka “Il Madonnaro”

13_Il Madonnaro

AVANSPRITZACOLO

sito web: http://laghenga.altervista.org/dischi.html

La ghenga colpisce ancora!
Avviso a tutta la popolazione. Chiudetevi in casa e non aprite a nessuno se prima non vi mostra la zampina. La ghenga è evasa!  La famigerata banda di criminali di Venezia sembra sia barricata nella sua bisca clandestina e, dicono i nostri informatori, sta mettendo a punto un altro colpo.
Il piano, così sembra, è finemente congegnato: i pericolosi malviventi intendono infiltrarsi nuovamente nell’intricato tessuto sociale fingendosi musicisti, con un’abilità tale da sembrare proprio una banda di simpatici e goliardici buontemponi. Ma è evidente che i loro piani sono ben più loschi e che tutta la  loro ironia ha l’unico fine di sovvertire l’ordine costituito.
Lo si evince chiaramente dai testi dei loro pezzi, apparentemente innocui, ma con una dirompente potenza interiore.
Alla nostra redazione sono pervenuti  in esclusiva i testi trafugati del loro prossimo album, il terzo, di imminente uscita.
C’è di che essere allarmati: si parte da una pesante critica alla civiltà tecnologica, con un pezzo dal titolo “HABLAR CON LE SIGLE”, che usa un grammelot contemporaneo alla ricerca di un linguaggio universale, dimostrando al contempo la vittoria incontrastata del linguaggio fatto di acronimi che ormai parla l’intero mondo civilizzato. Ma siamo sicuri che sia la strada giusta?
HABLAR CON LE SIGLE
-“Sprechen sie parle vu l’esperanto?”
-“no parlo minga el foresto segnor”
Ai tiempi du meu C64 partiva la rapida revolusion
Soltanto l’englese pareva spuntarla per via dell’america e della TOP 10
Ma ecco de colpo el linguaje che cambia
quando i tuoi dischi devientan CD
Anche se è vero che da un po’ di tempo chiamavi la televisione TV… V… V…
Mi son preso un PC con 4USB Con 3GHZ e 800GB
Mi vedo i DIVX ed i DVD col mio TFT con gli LCD
E nonostante mi sia installato 4GB di memoria RAM DIMM
Dimentico ancora di andar nel WC se scarico 30cc di PP
For sure it’s a problem hablar con le sigle  in este siglo de rivolusion
Ma ancor più difficile è hablare sei lingue col rischio che ti si intasi la RAM
E adesso che il 56k e l’ISDN non si usano più
bonjour madmoiselle che se tu comprand
Te dedico todo chist’mp3
Mi son preso un PC con 4USB Con 3GHZ e 300GB
Mi vedo i DIVX ed i DVD col mio TFT con gli LCD
E nonostante mi sia installato 4GB di memoria RAM DIMM
dimentico ancora di andar nel WC se scarico 30cc di PP
C’è chi con le sigle se busca la vida, c’è chi con le sigle ha trovato l’amour
C’è chi sta inventandosi le sigle nuove, c’è quello che non se le imparerà mai
Perché è deciso a cercare le cose che non si posson trovare nei BIT
La tecnologia è del resto una tematica che è spesso affrontata nei testi della ghenga, fin dagli esordi, ad esempio possiamo citare il brano “​CONTEMPORANEAMENTE” tratto dal primo album, “IL COLPACCIO”
Il testo di questo pezzo si sofferma sull’enorme quantità di attività contemporanee che l’urbanoide civilizzato medio è ormai abituato a compiere, grazie a una forma mentale che gli deriva dall’utilizzo intensivo di un sistema operativo “a finestre”.
Certo,  occuparsi un po’ di tutto è un vantaggio sotto molteplici punti di vista,  ma i risultati risultano goffi e maldestri, per non parlare della poesia, che viene calpestata in continuazione generando tentativi lirici sbilenchi e scalcinati, che a buon titolo la Ghenga definisce “deliri”
​CONTEMPORANEAMENTE
Quindici anni ormai che vivo col sistema operativo
che ti fa tenere in mente
contemporaneamente
una finestra col lavoro, una finestra con la posta, una finestra con la lista,
una finestra da saltare se non mangi ‘sta minestra.
e mi sembra normale
che quando guido ho sempre in mano il cellulare,
che quando mangio c’è uno schermo da guardare,
che quando guardo dentro agli occhi si interrompe la poesia
perché parte martellante la mia suoneria.
Sembrerà superficiale ma è il pensiero laterale:
quante cose posso fare contemporaneamente!
Lo svantaggio è che non faccio bene niente.
La pericolosità dei messaggi della ghenga non si limita tuttavia ad un’autoironia tecnologica, poiché va a scavare ben più nel profondo, fino alle basi di un sistema economico che collassa su sé stesso per motivi poco chiari ai più. Il testo che pubblichiamo qui di seguito fornisce in parole semplici una semplice chiave di lettura della crisi. Il titolo è più che eloquente.
CONTO IN BANCA
Se entravano i ladri era uno spasso
perché sotto il materasso
non cercavano neanche più…
e invece erano lì!
pochi sì ma almeno ce li avevo
li toccavo, li vedevo…
e adesso non li vedo più!
La grana… non lo sai quanto mi manca ​
da quando mi son fatto un conto in banca.
Quanto riesce ad essere reale​
questo denaro virtuale.
Quanto riesce ad essere reale
questo denaro virtuale
anche se non esiste più!
…e poi con il soldo virtuale puoi anche pagare
le cose che non hai osato sperare
lo fan tutti quanti: modelle e cantanti
ti compri di tutto e non tocchi i contanti!
Ti riempi di cose, tre suv e due case,
la banca è contenta e anche tu sei contento…
Sai solo che un giorno
lontano lontano
diventerà tuo tutto quello che hai in mano!
Così il tuo cinquantasei pollici mostri alla gente
e in soli sei anni è pagato ed è tuo finalmente,
e se un qualche valore quel giorno ancora lo avrà
magari del fatto di averlo non ti importerà…
…e mentre tu paghi pian piano una rata ogni mese
quei soldi la banca dichiara di averli già presi
e allegra li investe sperando che scoppierà il boom
e invece le borse a dispetto di tutti un bel giorno hanno fatto crash
la grana non lo sai quanto mi manca  ​ da quando mi son fatto un conto in banca
È ormai chiaro che questi pericolosi criminali andrebbero chiusi sotto chiave a passare il resto dei loro giorni al fresco.
Certi messaggi, se presi troppo sul serio, possono minare alla base il  glorioso sistema di cui siamo tutti molto fieri.  Molti giullari e commedianti in altri tempi furono mandati al rogo per molto meno. Sfortunatamente i tribunali dell’inquisizione sono chiusi da secoli, anche se la ghenga è riuscita nel testo che segue, (tratto dal secondo album, LATI TANTI) a mettere in luce una sorta di inquisizione dei giorni nostri, che, con mirabile astuzia, anziché mettere dei bavagli, regala risonanza a chi fa del suo peggio, una sorta di meritocrazia al contrario che attira sempre di più l’attenzione dei media.
FENOMENO MEDIATICO
Sono un fenomeno mediatico,
Sto cercando un modo per non starti simpatico,
cercherò di fare tutto quanto male
tanto prima o poi ti troverai a parlare di me!
Quanto è dura la gavetta del nessuno,
sempre alla ricerca di uno che è qualcuno,
quanta lingua ho consumato non lo so più
finché sono apparso in programma in TV
Sulla piscina del mio yatch privato,
mi puoi scattare quante foto vuoi
Per l’esclusiva poi ti firmo il contratto,
ma se è un ricatto costo il doppio lo sai.
Opinionista sono diventato
perché una testa fin dei conti ce l’ho
con il mio fisico da palestrato sono fotografato più di Richard Gere.
Chiedimi che cosa cerco dal futuro.
“Ho un progetto che non svelo ma è sicuro,
Poi c’è un sogno che è la moda del momento,
voglio una poltrona rossa in Parlamento.”
Sono un fenomeno mediatico,
sto cercando il modo per non starti simpatico,
cercherò di fare tutto quanto male
tanto prima o poi ti troverai a parlare di me.
Nella mia villa ho pure un anfiteatro
con le modelle della pubblicità,
conosco tutti  e sono ricercato
dai rotocalchi e dalle autorità,
Di più, scrittore sono diventato,
perché una testa fin dei conti ce l’ho
con il mio fisico da palestrato sono fotografato più di Richard Gere.
Sono un fenomeno mediatico,
sto cercando il modo per non starti simpatico,
cercherò di fare tutto quanto male
tanto prima o poi ti troverai a parlare di me.
Sullo stesso argomento, la meritocrazia, ma su tutto un altro campo, nello stesso album troviamo un brano che parla dell’arte. Un brano autobiografico vissuto dal di dentro , non come artisti, ovviamente, ma come ladri di opere d’arte. È la cronaca di quando, i lettori più attenti lo ricorderanno, venne svaligiata la Biennale d’Arte Contemporanea. Chi ebbe la peggio fu la Ghenga, per le evidenti difficoltà
di attribuzione delle opere, ma anche la figura stessa dell’Arte Contemporanea non ne esce certo gloriosamente. Forse la Ghenga farebbe  meglio per i prossimi colpi a trafugare  opere antiche, che hanno meno bisogno dell’intervento di un critico per stabilire se si tratta di arte o meno.
LADRI DI ARTE CONTEMPORANEA
Ne hanno parlato per quindici giorni giornali e TV
In prima pagina, un titolo grande:
“SVALIGIATA LA BIENNALE”
Poi la notizia tutto questo effetto non l’ha fatto più.
La terza pagina, poi la quinta, poi la notizia era banale…
Ma noi che ce la ricordiamo
non sappiamo ancora bene
dove mettere l’ingente refurtiva!
Non c’è nessun ricettatore
che riconosca l’arte vera
Ci avevan detto che era roba che valeva!
C’è una forbice impiantata nella tela
la facciamo a metà prezzo: non può capitarti più!
C’è una tela di tre metri tutta sporca di pittura
in offerta ad un prezzo che non crederai!
Ladri di arte contemporanea!
ladri di arte contemporanea?!
ladri di arte contemporanea???!
…ma chi ce l’ha fatto far?
Niente da dire, un colpo perfetto per la polizia,
nessun indizio lasciato sul posto,
nessun teste da interrogare…
Forse è per questo che da un po’ di tempo non cercano più…
Forse è soltanto che le opere d’arte valgono solo se d’autore…
E adesso che ce ne facciamo
di tutte queste tele bianche
va a finire che ci tocca pitturare!
A tutte queste installazioni
a pezzi da ricostruire
son rifiuti che non puoi differenziare!
Ci son pezzi rari d’arte proprio vera
come questa scatoletta con la merda dentro e poi
ci son grumi di pittura, tele con la segatura e chiodi ruggini attaccati con lo scotch.
Ladri di arte contemporanea!
ladri di arte contemporanea?!
ladri di arte contemporanea???!
…ma chi ce l’ha fatto far?
E proseguendo, stessa città, Venezia, differenti problematiche. Se da un lato l’arte, contemporanea e (soprattutto) non, nella città lagunare attira milioni di turisti,  dall’altro lato gli abitanti si trovano costretti a emigrare in terraferma a causa dei costi sempre più proibitivi e della carenza di servizi per i residenti.
Nel brano che segue la Ghenga immagina, in un futuro  prossimo, una Venezia interamente popolata da comparse, stipendiate dal comune per far sembrare la città ancora viva.
​​​​​VENEZIA 2020
Venezia 1500: duecentomila abitanti.
Venezia 2010: sessantamila abitanti.
Venezia 2020: trecentomila abitanti…
tutti finti tutti comparse!!!
Venezia 2020,​​ siamo pendolari della città dei divertimenti.
Venezia 2020 tutti a lavorare tutti a fingerci abitanti
Anche stamattina dentro a ‘sto vagone
tutti intorpiditi noi pendolari
Mezzi addormentati tutti camuffati,
tutti una divisa per lavorare.
La mia divisa è sporca, questo per contratto,
il mio ruolo è fingermi un drogato,
non mi è andata male ma sono a progetto, vorrei tanto il tempo indeterminato.
Venezia 2020
siamo pendolari della città dei divertimenti.
Venezia 2020
tutti a lavorare tutti a fingerci abitanti
Il mio amico Toni, lui si è sistemato
lo hanno messo a fingersi pensionato!
Passa le giornate chiuso in un baretto
gioca a carte a tempo indeterminato…
Mia zia non l’hanno presa perché così obesa
poteva sembrare un’americana
E in campo quei bambini che corrono felici
poi tornano a Mestre coi loro amici.
Venezia 2020
siamo pendolari della città dei divertimenti.
Venezia 2020
tutti a lavorare tutti a fingerci abitanti
C’è un progetto comunale che è mirato a rilanciare il turismo nella città lagunare
Quanti appartamenti sfitti, li han comprati certi dritti, speculando allegramente sugli affitti!
Ci son prezzi esorbitanti, non ci sono più abitanti, son scappati dalla città tutti quanti.
Niente scuole né giardini dove crescere i bambini,
calli campi e fondamente, aree di sosta del turista imperante.
La corsia preferenziale passa via Sub-lagunare:
ti permette di arrivare fino a San Marco emergendo dal mare!
Niente barche a remi o a vela, solo navi da crociera
Riva i barbari a cavalo e intanto mi me ne so andao…
Venezia 2020.
Se ancora ci fossero dubbi sulla pericolosità della banda è possibile perfino consultare il sito web che espone pubblicamente le peggiori malefatte. Il tutto è confezionato in uno stile retrò ma é evidente che i contenuti sono rivolti alle nuove generazioni: cartoni animati fumetti, videogiochi, messaggi subliminali abbondano come il riso nella bocca dei detrattori. In definitiva, si capisce, il vero target della ghenga sono i due estremi. Vecchi e bambini. Per questo se avete letto fino a qui vuol dire che siete troppo giovani o troppo vecchi, in ogni caso non dimostrate la vostra età. Prendete le distanze da voi stessi, potreste scoprire che vorreste essere anche voi complici della Ghenga, o semplicemente, che lo siete sempre stati. 
IL COLPACCIO

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Giorgio Caproni

Il Fischio

(parla il guardacaccia)

Non credo che questo sia il fischio del bracconiere.
C’è troppa nebbia.
Comunque (qui son le carte)
Finite voi la partita.
Io (potete continuare a bere anche per me)
conosco, né posso esimermi,
quello ch’è il mio preciso dovere.

Qualsiasi richiamo nel bosco oda insolito,
uccello o altro agente che sia,
devo andare a vedere.
Porgetemi per cortesia,
è lì a quel chiodo,
il fucile ed il mio cartucciere.
Intanto (scusate: ci vuole, col freddo che m’aspetta)
Lasciate ch’io mi versi ancora
ultimo- quest’altro bicchiere.

Nel vino, a saper ben vedere, c’è scienza – c’è illuminazione.
Ma voi, senza una ragione al mondo,
voi perché ora ch’io sono pronto,
e il cuore già ho fatto allegro,
ancora voi mi state a guardare a quel modo,
quasi con l’aria di chi sospetta qualcosa,
né si vuol pronunciare?

Vi vedo, o m’inganno, tremare,
agli angoli, la bocca?
Amici, posso anche sbagliare;
ma questo, comunque, vi dico,
e una volta per tutte:
Temere fuori il nemico
È cosa,    prima ancora che vile,
a parer mio troppo sciocca.
Porgetemi anche le cartucce e rimettetevi a bere.
Dovreste almeno sapere
che quando s’è avuto una piuma sul cappello,
e in sorte stivali e gabbana verde,
per non dir altro si perde
il tempo, pensando alla morte.

Piuttosto ( ne parleremo insieme, qui, al mio rientro)
ficcatevi bene in testa quanto ancora vi dico;
che vale temere il nemico fuori,
quand’è già dentro?

Al diavolo perciò la paura,
giacché non serve, Tanto,
in tutti noi non resta –sola-
che la certezza già da tempo in me sorta:
chi fabbrica una fortezza intorno a sé,
s’illude quanto ogni notte chiude,
a doppia mandata la porta.

Lasciatemi perciò uscire.
Questo Io vi volevo dire.
Per quanto siano bui gli alberi,
non corre un rischio più grande di chi resta,
colui che va a rispondere
al  fischio della foresta.

Giorgio Caproni

Congedo del viaggiatore cerimonioso

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